sabato 2 febbraio 2013

Era solo un bambino


"vivere è solo cercare qualcosa di smarrito nel nascere."


L. De giovanni - Sfiorare le cose

ricordo di un bambino che mi ha colpito molto: era sagace, esuberante, veniva protetto e rinforzato da ogni maestra. frequentava la scuola pubblica migliore della sua pur modesta cittadina, diventata poi città tanti anni dopo. quasi ogni sera presentava voti e acclamazioni su fogli piegati a metà in verticale, da stemperare con le gravi note disciplinari sul diario.
Era un bambino, che come molti, riceveva segnali contrastanti: il plauso di una maestra, l'accettazione della classe, lo sdegno furioso dell'altra insegnante, la stima affogata della classe che lo appoggiava nella sua spiritosa e caustica voce di ribellione dissacrante. ancora senza una causa, che andava mano a mano costruendosi negli argomenti contro la prima istituzione che si conosce nella vita: la scuola.
E poi le botte, la delusione, le lacrime, la paura e la colpa. Di essere solo un bambino che si sentiva già un criminale per le farse montate ad arte da ogni benpensante pedagogo improvvisato di lunga data.

Segnali contrastanti.

Era sorprendente. E pure fortunato di avere uno zio che gli fece scoprire videogiochi e computer. Apriti cielo! Il piccolo bambino non faceva altro che videogiocare, smanettare, leggere manuali, sommergersi di informazioni e di floppy disk messi a punto su chissà quale ipotesi.
Non amava lo sport, era chiaro che non fosse per lui! Non ne volle sapere mai di indossare quel completino dell'inter che papà aveva regalato al bambino racchiuso in papà con grande orgoglio; né di giocare a pallone; non combinò molto neanche nel baseball se non l'unico fuoricampo dei pulcini, purtroppo in foul. Dopo qualche brutta pallata alla schiena e una frattura al dito, sembrava spegnersi ogni sicurezza di sé in quel bambino. Forse si sentiva colpevole di questo ma forse era così grato di aver conosciuto Cristina, Elio, Alessio - e tanti altri amici ma soprattutto Michele -  sul bordo del campo da gioco, che non si sentiva di rispondere "sì" a quella minaccia: "allora vuoi lasciare perdere tutto? solo perché sei pigro e c'hai paura, c'hai paura, ma paura de che? dimmelo perché io per te ho speso 200mila lire di guantone, 90mila di scarpini e la conchiglia, le ghette e questo e quello, almeno me risparmio ste 60mila lire al mese!"
Aveva altri interessi, semplicemente era un bambino curiosissimo e vivace che si dirigeva allegro, senza esitazione verso ogni oggetto del suo interesse e lo toccava sorridendo.
"Non toccare". scoprire materia e "come", era lo scopo del bambino e NON giocare.
"Ancora? E leva ste mani!"
Aveva uno sguardo di percètta sfiducia, e come nulla diveniva cupo.
Ricordo che l'espressione " vai a giocare con gli amichetti?" lo faceva sentire forse a disagio. Vi rimaneva perplesso in contemplazione, poi faceva spallucce e diceva di sì.

Era solo un bambino ma non si voleva sentire mai piccolo, mai da meno, come i bambini piccini, quelli ancora seduti comodi su un pannolone a giocare con "i giocattoli".
Era solo un bambino, eclettico e simpatico, un piccolo ometto, che voleva SEMPRE essere "grande".
Anche all'asilo, vedeva i bambini che portavano giocattoli sempre nuovi a scuola, e lui era curioso ma quando capiva che erano dei "giocattoli" pensava forse che fossero cose troppo frivole da chiedere a quella mamma di ferro che interrogava l'orologio di continuo mentre si rovinava le mani fra tinte, lacche, tiraggi e messe in piega. Mamma si consumava le mani e la giovane bellezza; anche per lui.
Certo avrebbe voluto anche lui dei giocattoli, ma da grandi.
Che belli i giocattoli dei grandi! Computer, chitarre, batterie, videoregistratori, giradischi, lettori cd, nastri. Con quel che c'era a casa smanettava e per il compleanno chiedeva un computer o "un cognato".
Un fratellino? "No io voglio un cognato!" diceva serio.
Quanta voglia di scoprire e che espressioni interrogative alle risposte semplici!
Nei pomeriggi, oltre lo schermo, preferiva fabbricare la fionda con l'aiuto dei suoi amichetti e si sbucciava le ginocchia con la bici, provocandosi terribili lividi a forma di continenti geografici. Ma che fortuna era vivere in campagna. I compagni di scuola proprio non lo capivano quando lui raccontava i suoi pomeriggi, perché loro avevano pallone, piscina, karatè e il catechismo. L’ho visto spesso marinarlo insieme a Marika andando a comprarsi il gelato mangiandolo in una traversa sicura. Una capatina all'edicola e poi via, a casa come nulla fosse.

Era solo un bambino che pedalava spensierato, fiero del cambio shimano e la molletta col cartoncino che faceva rumore di motocicletta fra i raggi delle ruote e del sole.
Re delle strade di campagna e di tutto il quartiere, si sentiva.
Era solo un bambino "discolo" che rubava le sigarette al nonno e dal muro dei vicini mentre tagliavano l'erba. Che beveva i liquori di nascosto e che veniva puntualmente beccato. E lisciato ben benino.
Un bambino che scopriva troppo presto e senza protezione la pornografia, le siringhe, i profilattici, i pentacoli e le vipere "alla casetta" diroccata nel "boschetto" poco distante da casa.
Era solo un bambino che picchiava isterico gli altri bambini che non subivano il suo ascendente, che amava starsene solo coi suoi pensieri, ogni tanto, registrandoli su un quadernino attraverso le suggestioni di Pascoli e Leopardi.
Rendendo fiera LA maestra, commuovendo d'inquietudine la mamma.
Era solo un bambino con dei frangenti di rabbia e malinconia spaventosi e inquietanti e non per questo meno sorprendenti.
Ho un moto di pena all'anima se lo ripenso piangere per lo scherzo dello zio e ridere di un evento grave. Lo facevano sentire inopportuno per ore, giorni, anni, quegli sguardi di gelido rimprovero e minaccia per ogni singola parola di troppo.
Era solo un bambino che doveva portare il peso di continui raffronti con altri bambini, presumibilmente migliori di lui.
Era solo un bambino che quando rideva era sguaiato e quando piangeva era a singhiozzi di strozzo.
Che solo a ripensarci trattengo il fiato.
Era solo un bambino, e come tale non aveva colpe né peccati da espiare. E non meritava l'umiliazione, le percosse davanti a tutti a Natale, l'indifferenza ostentata e gli strillacci che glaciavano lunghe tavolate di parenti, per aver risposto piccato o addirittura aver bestemmiato;
o in altri contesti, pubbliche gogne per essersi sporcato le mutandine qualche volta di troppo.

Era una peste, era una "polvere" però...
Era soltanto un bambino, ed era fragile.
Sensibile.

Suo zio mi ha dato poco tempo fa un suo tema, scritto quando aveva 9 anni. Scriveva in un modo quel bambino, un modo che ti faceva arrendere al mistero della vita.
Dei temperamenti innati, della solitudine dell’immenso sacco che siamo e che riempiamo a sassolini. Sua mamma mi ha confessato del consiglio di classe con lei e la psicologa per quel tema.
Leggendolo, mi è sembrato di sfiorare la sua mano di bambino senza percepire solletico. E mi ha fatto indietreggiare, come deve aver fatto Sant’Agostino col bambino che voleva riempire la sua buca col mare intero.


I bambini devono Saperla Lunga

Ora quel bambino è un ometto per davvero a cui poco o niente manca, a parte vedersi sorridere nell'anima come faceva quando pedalava. Certe volte pare come se la contrita espressione del misto ansia-paura-mortificazione-vergogna-colpa dei giorni peggiori, gli si fosse marchiata a fuoco nel cuore.
Come uno specchio con un adesivo di maschera veneziana triste.
E magari una bambina con i capelli profumati di vento e di grano, del colore della terra nutrita da un temporale notturno, con il grembiulino pulito, le scarpette lucide lucide e i biscottini sempre nelle tasche da condividere con lui, fra un di lei strattone e l'altro verso i giochi, infiniti e senza pensieri.
E tanto sole, tanto sole perché è tanto solo, dentro.

Guardate tutti nella direzione opposta a quella giusta, secondo me!
Gli angeli esistono e camminano sulla terra a piccoli passettini brevi.
Ma non illudetevi: vuol dire che ne fanno il doppio dei vostri.
Quindi attenti a non calpestarli. Si chiamano bambini.

Lo eravate anche voi