sabato 2 febbraio 2013

Era solo un bambino


"vivere è solo cercare qualcosa di smarrito nel nascere."


L. De giovanni - Sfiorare le cose

ricordo di un bambino che mi ha colpito molto: era sagace, esuberante, veniva protetto e rinforzato da ogni maestra. frequentava la scuola pubblica migliore della sua pur modesta cittadina, diventata poi città tanti anni dopo. quasi ogni sera presentava voti e acclamazioni su fogli piegati a metà in verticale, da stemperare con le gravi note disciplinari sul diario.
Era un bambino, che come molti, riceveva segnali contrastanti: il plauso di una maestra, l'accettazione della classe, lo sdegno furioso dell'altra insegnante, la stima affogata della classe che lo appoggiava nella sua spiritosa e caustica voce di ribellione dissacrante. ancora senza una causa, che andava mano a mano costruendosi negli argomenti contro la prima istituzione che si conosce nella vita: la scuola.
E poi le botte, la delusione, le lacrime, la paura e la colpa. Di essere solo un bambino che si sentiva già un criminale per le farse montate ad arte da ogni benpensante pedagogo improvvisato di lunga data.

Segnali contrastanti.

Era sorprendente. E pure fortunato di avere uno zio che gli fece scoprire videogiochi e computer. Apriti cielo! Il piccolo bambino non faceva altro che videogiocare, smanettare, leggere manuali, sommergersi di informazioni e di floppy disk messi a punto su chissà quale ipotesi.
Non amava lo sport, era chiaro che non fosse per lui! Non ne volle sapere mai di indossare quel completino dell'inter che papà aveva regalato al bambino racchiuso in papà con grande orgoglio; né di giocare a pallone; non combinò molto neanche nel baseball se non l'unico fuoricampo dei pulcini, purtroppo in foul. Dopo qualche brutta pallata alla schiena e una frattura al dito, sembrava spegnersi ogni sicurezza di sé in quel bambino. Forse si sentiva colpevole di questo ma forse era così grato di aver conosciuto Cristina, Elio, Alessio - e tanti altri amici ma soprattutto Michele -  sul bordo del campo da gioco, che non si sentiva di rispondere "sì" a quella minaccia: "allora vuoi lasciare perdere tutto? solo perché sei pigro e c'hai paura, c'hai paura, ma paura de che? dimmelo perché io per te ho speso 200mila lire di guantone, 90mila di scarpini e la conchiglia, le ghette e questo e quello, almeno me risparmio ste 60mila lire al mese!"
Aveva altri interessi, semplicemente era un bambino curiosissimo e vivace che si dirigeva allegro, senza esitazione verso ogni oggetto del suo interesse e lo toccava sorridendo.
"Non toccare". scoprire materia e "come", era lo scopo del bambino e NON giocare.
"Ancora? E leva ste mani!"
Aveva uno sguardo di percètta sfiducia, e come nulla diveniva cupo.
Ricordo che l'espressione " vai a giocare con gli amichetti?" lo faceva sentire forse a disagio. Vi rimaneva perplesso in contemplazione, poi faceva spallucce e diceva di sì.

Era solo un bambino ma non si voleva sentire mai piccolo, mai da meno, come i bambini piccini, quelli ancora seduti comodi su un pannolone a giocare con "i giocattoli".
Era solo un bambino, eclettico e simpatico, un piccolo ometto, che voleva SEMPRE essere "grande".
Anche all'asilo, vedeva i bambini che portavano giocattoli sempre nuovi a scuola, e lui era curioso ma quando capiva che erano dei "giocattoli" pensava forse che fossero cose troppo frivole da chiedere a quella mamma di ferro che interrogava l'orologio di continuo mentre si rovinava le mani fra tinte, lacche, tiraggi e messe in piega. Mamma si consumava le mani e la giovane bellezza; anche per lui.
Certo avrebbe voluto anche lui dei giocattoli, ma da grandi.
Che belli i giocattoli dei grandi! Computer, chitarre, batterie, videoregistratori, giradischi, lettori cd, nastri. Con quel che c'era a casa smanettava e per il compleanno chiedeva un computer o "un cognato".
Un fratellino? "No io voglio un cognato!" diceva serio.
Quanta voglia di scoprire e che espressioni interrogative alle risposte semplici!
Nei pomeriggi, oltre lo schermo, preferiva fabbricare la fionda con l'aiuto dei suoi amichetti e si sbucciava le ginocchia con la bici, provocandosi terribili lividi a forma di continenti geografici. Ma che fortuna era vivere in campagna. I compagni di scuola proprio non lo capivano quando lui raccontava i suoi pomeriggi, perché loro avevano pallone, piscina, karatè e il catechismo. L’ho visto spesso marinarlo insieme a Marika andando a comprarsi il gelato mangiandolo in una traversa sicura. Una capatina all'edicola e poi via, a casa come nulla fosse.

Era solo un bambino che pedalava spensierato, fiero del cambio shimano e la molletta col cartoncino che faceva rumore di motocicletta fra i raggi delle ruote e del sole.
Re delle strade di campagna e di tutto il quartiere, si sentiva.
Era solo un bambino "discolo" che rubava le sigarette al nonno e dal muro dei vicini mentre tagliavano l'erba. Che beveva i liquori di nascosto e che veniva puntualmente beccato. E lisciato ben benino.
Un bambino che scopriva troppo presto e senza protezione la pornografia, le siringhe, i profilattici, i pentacoli e le vipere "alla casetta" diroccata nel "boschetto" poco distante da casa.
Era solo un bambino che picchiava isterico gli altri bambini che non subivano il suo ascendente, che amava starsene solo coi suoi pensieri, ogni tanto, registrandoli su un quadernino attraverso le suggestioni di Pascoli e Leopardi.
Rendendo fiera LA maestra, commuovendo d'inquietudine la mamma.
Era solo un bambino con dei frangenti di rabbia e malinconia spaventosi e inquietanti e non per questo meno sorprendenti.
Ho un moto di pena all'anima se lo ripenso piangere per lo scherzo dello zio e ridere di un evento grave. Lo facevano sentire inopportuno per ore, giorni, anni, quegli sguardi di gelido rimprovero e minaccia per ogni singola parola di troppo.
Era solo un bambino che doveva portare il peso di continui raffronti con altri bambini, presumibilmente migliori di lui.
Era solo un bambino che quando rideva era sguaiato e quando piangeva era a singhiozzi di strozzo.
Che solo a ripensarci trattengo il fiato.
Era solo un bambino, e come tale non aveva colpe né peccati da espiare. E non meritava l'umiliazione, le percosse davanti a tutti a Natale, l'indifferenza ostentata e gli strillacci che glaciavano lunghe tavolate di parenti, per aver risposto piccato o addirittura aver bestemmiato;
o in altri contesti, pubbliche gogne per essersi sporcato le mutandine qualche volta di troppo.

Era una peste, era una "polvere" però...
Era soltanto un bambino, ed era fragile.
Sensibile.

Suo zio mi ha dato poco tempo fa un suo tema, scritto quando aveva 9 anni. Scriveva in un modo quel bambino, un modo che ti faceva arrendere al mistero della vita.
Dei temperamenti innati, della solitudine dell’immenso sacco che siamo e che riempiamo a sassolini. Sua mamma mi ha confessato del consiglio di classe con lei e la psicologa per quel tema.
Leggendolo, mi è sembrato di sfiorare la sua mano di bambino senza percepire solletico. E mi ha fatto indietreggiare, come deve aver fatto Sant’Agostino col bambino che voleva riempire la sua buca col mare intero.


I bambini devono Saperla Lunga

Ora quel bambino è un ometto per davvero a cui poco o niente manca, a parte vedersi sorridere nell'anima come faceva quando pedalava. Certe volte pare come se la contrita espressione del misto ansia-paura-mortificazione-vergogna-colpa dei giorni peggiori, gli si fosse marchiata a fuoco nel cuore.
Come uno specchio con un adesivo di maschera veneziana triste.
E magari una bambina con i capelli profumati di vento e di grano, del colore della terra nutrita da un temporale notturno, con il grembiulino pulito, le scarpette lucide lucide e i biscottini sempre nelle tasche da condividere con lui, fra un di lei strattone e l'altro verso i giochi, infiniti e senza pensieri.
E tanto sole, tanto sole perché è tanto solo, dentro.

Guardate tutti nella direzione opposta a quella giusta, secondo me!
Gli angeli esistono e camminano sulla terra a piccoli passettini brevi.
Ma non illudetevi: vuol dire che ne fanno il doppio dei vostri.
Quindi attenti a non calpestarli. Si chiamano bambini.

Lo eravate anche voi

domenica 27 gennaio 2013

i n t e n s a m e n t e



voglio le rughe
voglio le dita gialle
voglio le macchie sui denti
voglio la tosse tutto l’anno
voglio il sudore, il freddo intenso e poi la febbre
voglio la cervicale dopo un concerto
voglio far ballare la sconosciuta mentre lui s’incazza
vorrei potermi cospargere di LSD ed abbracciarvi tutti a pelle
voglio non dovermi lavare le mani
voglio le scie chimiche, le polveri sottili e un picnic d’amore sotto la Turbogas
voglio una moto potente, rivoglio assaggiare l’asfalto che m’ha portato via mezzo ginocchio
voglio che nessuno mai mi privi del dolore al crociato anteriore, tutto consumato dall’asfalto
voglio essere infetto e contagioso
voglio correre e fregarmene
voglio vivere sulla corsia di sorpasso, anche in autostop

voglio soffrire, lo voglio intensamente

voglio avere i segni addosso
voglio farmi male
voglio essere oggetto di verità spietata
voglio il pogo e sentire la fibrillazione insopportabile sotto un palco che mi dica “ancora!”
voglio continuare a ballare e dimenarmi fino a sentire ghiaccio nel cuore, fiamme nei polmoni e tossire sangue
voglio rinunciare alla parola per un giorno, solo per urlare qualche ora
voglio un bagno di promiscuità, come fossimo tutti infetti nella penombra dell’estasi, per mescolarci i germi a vicenda e iniziare a morire lentamente di Vita
voglio vomitare e pisciare sui muri
voglio minacciare il paradiso con una bestemmia ed una promessa che non mi avranno mai
voglio sfarinare il presunto incanto della vita in 4 nervose mascellate come un chewing gum alla grafite
voglio usarmi e consumarmi
voglio decidere io come vivere, come snervarmi il corpo e l’anima e come e quando cazzo morire
e quando voglio la delicatezza, la voglio intensamente
non voglio stringerti, voglio che ogni volta sia un piccolo trauma da schiacciamento
non voglio baciarti, voglio ogni volta una goccia di sangue delle tue labbra
non accarezzerò i tuoi capelli, ma ti farò scoprire il dolore di tutti i bulbi cutanei tutto in un colpo
poi ti morderò le dita ed assaggerò la tua endorfina e mi ci sporcherò
non disturbarti a prendermi le mani nelle tue, se non mi infili le unghie sotto l’ipoderma
non disturbarti ad usare precauzioni e violentami di noia indecente, cristo dio
“so che tutto ciò non mi basterà, so che non mi guasterà”

martedì 22 gennaio 2013

La ragione del mio amore


Una musica di foglie
suonata dal vento
lascio fuggire leggera.
Dimentico il suon
della stagione più vera
e mi perdo
la ragione del mio amore.

Nei tuoi occhi ha pace
un caos di colore.
Verdi cime d' alberi in estate,
l' arancio sui profili della sera,
la rossa congiunzione
di due cuori qui per fato
tra infinite traiettorie interstellari.
I tuoi occhi di colori non umani.

E cicli naturali
sospesi intorno a noi.
Qui io trovo la ragione del mio amore.
Disperso e diffidato.
Nello spazio che separa i corpi
nuclei d'energia che si espandono in eterno
e ci contraggono qui uniti
con le danze senza tempo,
tra sguardi intrecciati, sospese.

Qui ritrovo la ragione del mio amore
e pace al tormento
di bramate bellezze.

I tramonti non scattati,
le musiche sfuggite,
gli sguardi mai ritratti,
appagata qui mi lascian,
mai perduti innanzi a te.
Qui rinascono nell'arte
della nostra poesia muta.
Mille rivoli di malinconia
or unico fluir di piacevole dolore.

L'infinito del possibile
e il senso dell'eterno
sospesi tra questi occhi
confusi con il mare.
Occhi non umani
immobili guardiani,
seduti sull'orizzonte
tra voli di gabbiani
ad aspettar la notte
e una sola stella.

Nell'attesa dell'or nere
la più bella melodia
brandisce archi di violino.
E ferisce.
La gelosia che brucia
in vecchi incensi uman odore,
una rosa recise
che tremava di dolore.
Una spina per te,
poi un'altra dritta a me.
Nella goccia di scarlatto
ch' ancor calda in mano piange,
scivolava la ragione del mio amore.





domenica 20 gennaio 2013

vuotimmensi

i matrimoni omosessuali, la politica, la società, lo sport, la sperimentazione animale, l'accumulo patologico compulsivo, ballare, le birrerie, le discoteche, le sigarette elettroniche, la fine del mondo, l'astrologia, l'antimateria, bosoni, neutrini, Starbucks, l'America, i fast food, i ristoranti chic, le scritte sui muri, i black block, le manifestazioni, il teatro, il cinema, Londra, Berlino, Amsterdam, la droga, le palestre, la Novalgina, lo Xanax, l'egualitarismo, la libertà, le religioni, l'alta moda, la striscia di Gaza, lo stato palestinese, la prostituzione, la fame, lo sfruttamento, la cultura francese, l'Europa, i drug store aperti di notte, il fisco, i tributaristi, il biglietto del treno, le carte di credito, la privacy, i social network, google, i sequestri, la diplomazia, la politica estera, la giustizia, la fede, il kebab, il vino passito, la musica elettronica, i dischi in vinile, il file sharing, i vegani, l'industria, la pornografia, la zoofilia, i farmaci, la botanica, la cucina casereccia, l'egoismo, i figli unici, gli asili nido, la carriera, Valencia, l'architettura, la psicologia, la filosofia, il manicomio,
il sert, i flirt,
le istituzioni, le tradizioni,
la destra, la sinistra,
le autostrade, i tunnel, la luce, il cielo,
la pre-morte, la chimica, il genoma, la fede, la pubblicità, il festival di Sanremo, Celentano, il Papa, il piano regolatore, le fonti rinnovabili, la corruzione, il pubblico, il privato, la mafia, lo Stato, Rino Gaetano, Massimo Troisi, le profezie, la popolarità, l'influenza sociale, l'omicidio stradale, la fotografia, le reflex Canon,
iPhone, Hi-Fi, Wi-Fi,
domenica allo stadio, omicidio di stato,
i tifosi, le kefie, il burka, l'odio, le bestemmie, la prepotenza, gli accidenti, il karma, l’essere superiore, il femminicidio, l'emancipazione, Benigni, il Bel Paese, i diritti, il lavoro, il trasporto pubblico locale, il fango, le gogne, le macchine, il controllo delle armi, i media,
i talk show pomeridiani, l'ipocrisia, la violenza, la realtà,
i talk show serali, Grillo, Fabrizio De André, le lingue, battere il tamburo, il vaffanculo.

la sessualità, la monogamìa, la famiglia, la promiscuità, il nichilismo.

il calcolo delle probabilità, l'amore, i copritavoletta monouso, i divorzisti, i curatori fallimentari.


Finestre su ipotesi. Al più, visione incompleta su ogni tema.


La mancata sensibilità verso qualcosa è il senso di vuoto percepito.

Il vuoto, è il bramato, irraggiungibile immenso. La condizione umana.

giovedì 17 gennaio 2013

I'm lovin' it (the wrong way)

io prendo un'amore menu grande. senza cipolle che sono allergico.
purtroppo non posso farle togliere le cipolle.
beh allora cipolle siano. 

ecco a lei
ah... cetrioli... vabè pago bancomat.
solo contanti.

prendi ANCHE quel che non vuoi, ma lo accetti per amore del resto.
e ci paghi pure il conto, il ben servito, anche su quello che non vuoi.

intorno gli altri consumano, semplicemente, il loro "amore menu" ma senza amore: quello è un ingrediente che ci mettono loro. trangugiano tutto, non sputano mica niente. e finito quello,
gettano ogni resto nello stesso secchio di tutti gli altri.
c'è chi tornando a casa rigetterà.

io mi tengo stretta la carta, senza sapere se questo servirà a qualcuno o a qualcosa.
tipo la storia insondabile che se mangi il gelato con lo stecco, hai paura dell'abbandono.

consumano e gettano via, consumano, gettano via.
e il cuore mi si stringe.
consumano, gettano via.
e il mio cuore è così stretto,
consumano e gettano via,
che oramai non c'è più.


3 dicembre 2012

Foglie stanche


Foglie stanche

lasciano i rami

più leggeri,

più neri

d'autunno.



Invisibili messi

accompagnano il volo

della danza mortal

verso il suolo.



Natura graziosa

dall'alba all'ultimo sospir,

in eterno divenir

lacrimosa bellezza.



La foglia che posa

sul lago beltà

sua già morta

non vede riflessa.



Il corpo ormai polvere

fine non sa,

cerca in ciel

la spettrale promessa.

lunedì 14 gennaio 2013

il mare d'inverno



Stanotte, come mi capita ormai da innumerevoli notti, ho fatto tanti sogni, ognuno sporcato dal suo finale da incubo.
Stamattina appena sveglia ho pensato: da quant'è che il mio disagio è diventato un male concreto?
Da quando una notte chiazze migranti di orticaria mi hanno svegliata in preda a un prurito insostenibile? 
Da quando un'ansia nuova di morte improvvisa dietro l'angolo mi ha sorpresa senza preavviso?
Da quando, mi dico, dò la colpa alla pioggia. 
Quando le Erinni della paura non ti divorano l'animo lasciandoti senza possibilità, tu potresti camminare per ore al buio nella via notturna che costeggia la tua casa, che prima guardavi alla finestra piena d'amore, per intonare il tuo inno all'oscurità, amara e bella parte di te (cit.).
Da quando, mi dico, mendico seduta in uno spiraglio di sole per mentirmi penosamente: oggi è un giorno migliore.
Da quando la musica fa rumore.
Da quando non scendo più in riva al mare perchè ho paura di non sapere cosa dirgli.
E odio l'idea di essere diventata una di quelli che il mare d'inverno / è un concetto che il pensiero non considera / è poco moderno / è qualcosa che nessuno mai desidera 
 Da quando speri di avere qualcosa da fare, si, ma di quelle cose che non ti fanno sbattere contro te stessa.
Perchè io ero tutto il contrario di questo.
Senza stare a dire di quanto un tempo mi riscaldasse il cuore la pioggia, proprio perchè il grigio e il silenzio di quei momenti si riflettevano nella mia anima, senza paura. Senza dover spendere melense parole sulle cure omeopatiche che grazie alla musica ho potuto sperimentare in nottate di umida catarsi. Senza neanche aspirare a spiegare l'immensità nascosta negli incontri notturni tra me e un paesaggio fuori dalla finestra, completamente trasformato. Solo per me. Quando il male e la paura erano solo metafisici e non ti azzannavano la pelle. 
Da quando, mi dico, tutto questo non c'è più.
O forse da quando tutto questo è molto più.


Stamattina mi sono svegliata e ho cercato di non fare le non cose di fretta. E così ho pensato anche cavolo piove ma ho aperto la finestra e ho respirato un'aria profumata di natura, finché quella di mia sorella, la sua natura, non la chiamasse nel bagno dove io ero affacciata e le facesse esprimere con urgenza: "Chiudi Sà che devo fa la pipì!".
Cercando di mantenere una certa imperturbabilità mi sono voltata e me ne sono andata sotto la sua osservazione interrogativa ma avvezza a qualche stramberia.
Un pò di natura nel mio naso e nei miei occhi. Sono andata in camera e ho preso in mano il bellissimo specchietto nero comprato in Giappone. Ho aperto un'altra finestra e ho provato a fare un esercizio di quelli consigliati da un libro di psicoterapia che sto leggendo a letto la sera per non sentire nessun'altra voce che mi venga da dentro. "Puoi guarire la tua vita".
Lo spiegava Louise Hay che non sarebbe stato facile pronunciare ad alta voce quelle affermazioni guardandosi in faccia. Ma ha detto di farlo tante volte al giorno per qualche mese e come qualsiasi esercizio, più lo si prova, più viene naturale. A meno che tu non sia del tutto negato. A meno che tu non ti neghi del tutto, dico io. A me no e basta, anzi, mi ricorreggo io.
Oggi l'ho fatto a bassa voce per tre o quattro volte (c'era sempre una sorella nella stanza accanto a cui dover dare poi spiegazioni e non ne ho minima voglia). Ho fatto un pò di fatica, forse stavo mentendo:
<< IO MI..........APPROVO... >>
<< IO.... MI APPROVO >>
<< IO MI APPROVO... >>
<<IO MI APPROVO??? >>
<< Mavacagare vahh... >>
<<IO TI AMO!!>> non ce l'ho proprio fatta...Magari riprovo domani...Magari domani.

mercoledì 9 gennaio 2013

a chi resta


6 anni fa. i festeggiamenti per l'Italia prima ai mondiali. e subito dopo il cordoglio. il dolore di

fronte al quale si ferma ogni ragionamento e ci si ritrova a celebrare in chiesa un addio. due amici

nell'arco di 11 mesi, uccisi per loro stessa mano. fra cui il migliore amico, quello più vicino.
nemmeno vent'anni e morire per amore. Diciannove anni per sempre.

questi pazzi che hanno voluto fare dei nostri pensieri una scienza, gli psicologi, fanno combaciare le

tappe del dolore per la perdita per morte e il distacco dalla persona amata.

è un dolore diverso il secondo. che si porta una coda che non da pace alle giornate con l'invasività dei

se e l'inutilità dei però. è una brutta cosa forse, mettere certi fatti sullo stesso piano.

in quei giorni bui, mi chiedevo con la testa da diciannovenne: sono io ad esser pazzo? qualcosa

senz'altro non va, non sto cacciando una sola lacrima. no. ripensandoci forse è stato l'unico autentico

momento di altruismo nella mia vita. forse, non lo so. però in quel momento credo che io stessi pensando

semplicemente a chi se ne era andato. senza le implicazioni verso chi resta. non dirò niente di tanto

assurdo se dico che apprendere della morte di un cugino diciottenne x un incidente a due passi da casa,

mi ha fatto pensare solo e solamente ai genitori ma soprattutto al dolore che avrà provato la fidanzata.
o forse sono assurdo per davvero, io.

cosa vuoi piangere quando non c'è niente che ti riporti indietro quella persona? quando la malasorte o la

mente di quella persona hanno deciso che in quel momento sarebbe finita fisicamente per sempre. una

questione privata fra il suo corpo e la terra. io con quel pensiero riesco solo a rimanere zitto. niente

da dire, nè da pensare. zitto come si sta in un cimitero.

non piangiamo per chi va via: quando piangiamo è solo per chi resta, primi noi stessi. che ci crediamo o

no, sono certo sia così.

e così quelle fasi da psicologi che si sovrappongono e descrivono bene ciò che si prova - quasi sempre -
possono descrivere anche quel distacco d'amore bruciante. la sofferenza e il pianto, anche là, sono tutti

per noi stessi. e se così non fosse, uno dovrebbe andare proprio dallo psichiatra. che poi sarebbe la

differenza fra amare una persona per bisogno oppure perchè si ha bisogno proprio di lei.

fatto sta che queste fasi, in persone relativamente a posto con la testa, passano e passeranno.

sono cannonate alle pareti della nostra essenza. che poi gli ridai l'intonaco.

e aspetta il tempo che ci vuole che deve asciugare.
poi carteggi e vai con la prima mano di vernice, ma su tutta quanta la parete.
e aspetta il tempo che ci vuole che deve vetrificare.
togli i teli, smacchi qualche piastrella.
e aspetta il tempo che ci vuole che l'odore della vernice nuova se ne deve andare per lasciare spazio al

buon vecchio odore di vissuto.

aspetta aspetta, arrivi poi all'ultima fase, quella dell'accettazione. e del ricordo.

quello che quando bussi laddove ricordi c'era il buco di una cannonata, rimbomba a vuoto sotto. sai dove

bussare e non c'è bisogno di farlo ogni giorno. ma quando subentreranno altre persone a quell'essenza,

c'è chi andrà inavvertitamente a sbatterci la testa, lì dove rimbomba il vuoto.

la somma algebrica del passato da come risultato la persona, dicono. questo comprende la sottrazione. di

un pezzetto di noi stessi, ingoiato da quel vuoto.

il vuoto di un torto impunito
il vuoto dell'unico caso in cui non c'è rimedio
il vuoto che rimane a chi resta

lunedì 7 gennaio 2013

che succede?


ti domando: il tuo mondo ha mai vacillato del tutto? 

Il mio mondo è il ponte di Tacoma il giorno dell'inaugurazione: fottuto da un soffio di vento che ha mandato in risonanza i tiranti. E credo di averlo varato almeno tre volte buone e alla fine ho sfasciato la mia anima; ho imparato sempre qualcosa, ma ho sfasciato la mia vita. tre volte, mi pare tre…

ti domando: senti il vuoto, sperimenti il blocco, ma lo sai che cosa succede quando mandi veramente tutto alla deriva? 

accorgersi di essere diventati nulla, quando i nostri pensieri partoriscono eco in una stanza. 
sentirsi di colpo soli a tal punto di strozzarsi l'anima come una bestiolina inerme da eliminare in fretta per scopi predatòri, cercando fino allo spasmo uno sguardo di donna che tradisca una seppur minima approvazione. è un incubo di quelli dove cadi senza respiro, dove urli ma non hai voce.
le sevizie della mente su sé stessa, dove possono arrivare non è dato sapere, ma lontano.

ti domando: hai mai minato il tuo stesso cammino in un attimo di lucidità?

beato il giorno di tutti i giorni e chi lo santifica ogni giorno, come può. il giorno ricco, pieno, produttivo. 
senza ansie, né cedimenti, vissuto nel presente più totale. fortunato chi non si pianta il tritolo da sé lungo il proprio cammino. beato chi cadenza a quarti d'ora le deviazioni da programmini e schemetti quotidiani. Averne ancora di schemi salvifici, averne ancora di convinzioni nell'autoefficacia. m'andrebbe di bestemmiare con la bava alla bocca, nel vedermi allo specchio.

ti domando: hai mai salutato l'ego vedendolo rimpicciolirsi verso l'orizzonte?

non ricordavi di respirare, non ricordavi di battere le palpebre, tu, nei tuoi impegni.
non ricordavo questo cuore battere irregolare come il singhiozzo di un angelo straziato e corrotto nella carne.
non so più cosa maledire, ma la rabbia è l'unico sapore che ricordo perché ne padroneggio la ricetta.
affittare con gli occhi un angolo di cielo da maledire, fino a sanguinare, muti. 
l'irrazionalità ha vinto, contro ogni pronostico, la vita si può distruggere anche senza clamore, nell'apparente riservatezza dignitosa di un uomo.

ti domando: che succede quando scoppia tutto e non restano che i pezzi dello scheletro e le tracce a terra dove un tempo c'erano le fondamenta di tutto ciò che un tempo erano i tuoi valori, i tuoi schemi, il tuo tutto? che succede?

Lezioni di passo a due


con Vittorio Mazzoni.

4 e 5 gennaio 2013, due date che si sono stampate sul cuore. A fuoco! Violente come le mie passioni.

Se nella maggior parte dei casi non bastano sveglie, calendari segnati, post it, anelli nell'altra mano e qualunque altra stramberia mnemotecnica,  ci sono volte in cui devi prendere un acido e strofinare così forte che se non corrodi anche un pò di superficie, il segno non viene più via. Perchè l'emozione vera sarà forse analfabeta, ma ti lascia la sua enigmatica firma ad "X" con una punta di ferro rovente.

Allora per smacchiare dal peccato ti strofini via quel pezzo di cuore. E mentre lo fai furbescamente ti rivivi il tuo film ancora una volta, come cenerentola tornata dal ballo. Ma devi farlo, perchè prima o poi tornerai nel mondo dei vivi morenti. 
Aspetti aspetti aspetti e ZAC, strappi via! Ci provi.

E' stato bello perchè la punta cedeva, il muscolo tremava, il piede sanguinava, ma era gioia di vivere. 
Era vita piena, di quella pienezza che coi tuoi compagni di viaggio, puoi ridere anche della morte. Perchè finchè c'eri tu non c'era lei. 
Perchè quando la paura ha provato a riportarti giù dal volo con i battiti a mille e la pressione al livello del parquet, un meraviglioso maestro pieno di sole del Sud ha detto: "State al di sopra di voi, non subite il vostro corpo, ma decidete voi dove andare!"

E allora i noduli si riassorbono, le cataratte si fanno da parte e puoi fissare l'orizzonte assolato senza più un occhio strizzato; fiero come un ammiraglio sulla prua della sua nave.

Perchè sei eternamente giovane, forte come un leone, leggero come un'aquila nel vento.

Lo sei infinitamente qui e adesso. Non è possibile pensare oltre.

Giovane come al più delle volte sei solo sulla carta d'identità.

L'eternità che si sviluppa in altezza e non in lunghezza sull'asse temporale, consolatoria leggenda per rimandare la vita oltre i nostri giorni.

Un giro non riuscito, un'aspettativa delusa, un nuovo trampolino e un salto nel blu.

Gioia di vivere su punte di gesso e raso color porcello. Ne vale la pena. Più che del porcello, di vivere.

Perchè quando ci sei tu non c'è lei.

Si Epicuro, lo so; quando lo dicesti tu più di 2000 anni fa ti presero per pazzo. E confesso, l'audacia che serve per lanciarmi nella tua medicina alternativa, io non l'ho avuta mai. Per far come dici tu, bisogna essere pazzi, meravigliosamente pazzi o semplicemente essere al contrario di questa moltitudine di malati che si credono normali. Questa moltitudine nella quale spesso inciampo. 
Per far come dici tu, bisognerebbe sempre "danzare"; e come dice un mio caro amico, condividere con buoni compagni di viaggio.

Se vivi danzando le paure non fan più poi così tanta paura. Perchè se ci sei tu, non ci sono loro. Attimo per attimo, omaggiando la vita, omaggiando te stesso.

Perchè la mia pancia sta ridendo mentre una mano mi prende e mi fa volare, col mare di Cretarossa dietro ai vetri assolati. Tutto il resto aspetterà.

Lo so che mi aspetterà.