mercoledì 9 gennaio 2013

a chi resta


6 anni fa. i festeggiamenti per l'Italia prima ai mondiali. e subito dopo il cordoglio. il dolore di

fronte al quale si ferma ogni ragionamento e ci si ritrova a celebrare in chiesa un addio. due amici

nell'arco di 11 mesi, uccisi per loro stessa mano. fra cui il migliore amico, quello più vicino.
nemmeno vent'anni e morire per amore. Diciannove anni per sempre.

questi pazzi che hanno voluto fare dei nostri pensieri una scienza, gli psicologi, fanno combaciare le

tappe del dolore per la perdita per morte e il distacco dalla persona amata.

è un dolore diverso il secondo. che si porta una coda che non da pace alle giornate con l'invasività dei

se e l'inutilità dei però. è una brutta cosa forse, mettere certi fatti sullo stesso piano.

in quei giorni bui, mi chiedevo con la testa da diciannovenne: sono io ad esser pazzo? qualcosa

senz'altro non va, non sto cacciando una sola lacrima. no. ripensandoci forse è stato l'unico autentico

momento di altruismo nella mia vita. forse, non lo so. però in quel momento credo che io stessi pensando

semplicemente a chi se ne era andato. senza le implicazioni verso chi resta. non dirò niente di tanto

assurdo se dico che apprendere della morte di un cugino diciottenne x un incidente a due passi da casa,

mi ha fatto pensare solo e solamente ai genitori ma soprattutto al dolore che avrà provato la fidanzata.
o forse sono assurdo per davvero, io.

cosa vuoi piangere quando non c'è niente che ti riporti indietro quella persona? quando la malasorte o la

mente di quella persona hanno deciso che in quel momento sarebbe finita fisicamente per sempre. una

questione privata fra il suo corpo e la terra. io con quel pensiero riesco solo a rimanere zitto. niente

da dire, nè da pensare. zitto come si sta in un cimitero.

non piangiamo per chi va via: quando piangiamo è solo per chi resta, primi noi stessi. che ci crediamo o

no, sono certo sia così.

e così quelle fasi da psicologi che si sovrappongono e descrivono bene ciò che si prova - quasi sempre -
possono descrivere anche quel distacco d'amore bruciante. la sofferenza e il pianto, anche là, sono tutti

per noi stessi. e se così non fosse, uno dovrebbe andare proprio dallo psichiatra. che poi sarebbe la

differenza fra amare una persona per bisogno oppure perchè si ha bisogno proprio di lei.

fatto sta che queste fasi, in persone relativamente a posto con la testa, passano e passeranno.

sono cannonate alle pareti della nostra essenza. che poi gli ridai l'intonaco.

e aspetta il tempo che ci vuole che deve asciugare.
poi carteggi e vai con la prima mano di vernice, ma su tutta quanta la parete.
e aspetta il tempo che ci vuole che deve vetrificare.
togli i teli, smacchi qualche piastrella.
e aspetta il tempo che ci vuole che l'odore della vernice nuova se ne deve andare per lasciare spazio al

buon vecchio odore di vissuto.

aspetta aspetta, arrivi poi all'ultima fase, quella dell'accettazione. e del ricordo.

quello che quando bussi laddove ricordi c'era il buco di una cannonata, rimbomba a vuoto sotto. sai dove

bussare e non c'è bisogno di farlo ogni giorno. ma quando subentreranno altre persone a quell'essenza,

c'è chi andrà inavvertitamente a sbatterci la testa, lì dove rimbomba il vuoto.

la somma algebrica del passato da come risultato la persona, dicono. questo comprende la sottrazione. di

un pezzetto di noi stessi, ingoiato da quel vuoto.

il vuoto di un torto impunito
il vuoto dell'unico caso in cui non c'è rimedio
il vuoto che rimane a chi resta

Nessun commento:

Posta un commento